IC FALCONE E BORSELLINO

30 gennaio 2015 – Giorno della Memoria 2015

 

 

 

 

 

 

CHI SALVA UNA VITA,SALVA IL MONDO INTERO OFFIDANI NEL GIARDINO DEI GIUSTI
 
ESECUZIONE DELLA CANZONE DEL BAMBINO NEL VENTO (AUSCHWITZ)
 
LA SHOAH
RICCARDO, MATTEO PIETRO, ARES, ELISA classe 5^Tempo Pieno
Il 27 gennaio si celebra”La giornata della Memoria”, per ricordare le vittime della Shoah, nei campi di concentramento e sterminio nazisti. La data è stata scelta in ricordo del giorno in cui, 27 gennaio 1945, l’Armata Rossa dei sovietici entrò nel campo  di Auschwitz, liberando i pochi superstiti. I lager, campi di concentramento e sterminio nazisti, furono utilizzati per i deportati, soprattutto Ebrei, provenienti da tutti i paesi occupati dai Tedeschi;la Shoah, cioè l’olocausto, il genocidio, lo sterminio di circa 6 milioni di Ebrei da parte dei Tedeschi avvenne durante la seconda guerra mondiale. Gli Ebrei erano vissuti per millenni come una minoranza appena tollerata, non di rado perseguitata e cacciata e sempre relegata in ghetti. Visti con diffidenza e odio per la loro fede tenace, hanno sempre rappresentato il “diverso”.A partire dall’Ottocento cominciò a farsi strada l’idea che la razza tedesca fosse particolarmente pura e incontaminata e che pertanto le spettasse il compito di dominare il Mondo. La Germania varò nel 1935 a Norimberga una legge antisemita che sanciva l’emarginazione, Adolf Hitler , il fondatore del nazismo tedesco, decise di allontanare gli stranieri e perseguitare gli Ebrei, togliendo loro tutto ciò che possedevano e richiudendo nei lager (campi di concentramento) uomini, donne, vecchi e bambini. Ad Auschwitz, a partire dalla metà del 1940, cominciò a funzionare il più grande campo di sterminio, chiamato dai Tedeschi “Soluzione finale del problema ebraico”. Il campo di sterminio era una vera città della morte estesa per chilometri, dove c’erano camere a gas, forni crematori e baracche dove i prigionieri lavoravano e soffrivano prima di essere avviati alla morte. Tre anni dopo anche l’Italia approvò la legge antisemita,separando gli Ebrei dal resto del Paese. In ogni regione italiana c’era almeno un campo, ma  quelli italiani non erano campi di sterminio, ad eccezione di quello di Risiera di Sabba, dove furono trucidate più di 5000 persone nei forni crematori; nelle Marche, il campo di Servigliano, era un campo di prigionia,il più importante del Piceno.
 
 
I GIUSTI TRA LE NAZIONI
 
VERONICA del Consiglio Comunale Ragazzi
Dopo la Seconda guerra mondiale, il termine Giusti tra le nazioni  è stato utilizzato per indicare i non-Ebrei che hanno agito in modo eroico a rischio della propria vita per salvare la vita anche di un solo Ebreo dal genocidio. Chi viene riconosciuto Giusto tra le nazioni viene insignito di una speciale medaglia con inciso il suo nome, riceve un certificato d’onore ed il privilegio di vedere il proprio nome aggiunto agli altri presenti nel Giardino dei Giusti presso lo Yad Vashem, l’Istituto per la memoria della Shoah, di Gerusalemme. Ad ogni Giusto tra le nazioni viene dedicata la piantumazione di un albero, poiché tale pratica nella tradizione ebraica indica il desiderio di ricordo eterno per una persona cara.
 
SHULZ NINA del Consiglio Comunale Ragazzi
Sono oltre 20.000 i Giusti nel mondo e più di 500 gli Italiani che hanno ricevuto sinora tale riconoscimento. Dei 32.300 Ebrei ,che vivevano nel nostro paese durante l’occupazione tedesca, solo 8.000 vennero arrestati, mentre tutti gli altri si salvarono, grazie alla solidarietà della popolazione locale nei confronti dei perseguitati. Tra coloro che si sono distinti per lo straordinario coraggio dimostrato nella difesa dei valori umani abbiamo anche degli Offidani che, pur consapevoli del pericolo cui si esponevano, salvarono la vita a Ebrei italiani e stranieri.
 
MERCOLINI MARTINA SINDACO del Consiglio Comunale Ragazzi
Con questa manifestazione dal significativo titolo ”Chi salva una vita, salva il mondo intero”, resa possibile dalla collaborazione tra il nostro Istituto Scolastico Comprensivo e l’Amministrazione Comunale, si vuole rendere omaggio alle due famiglie Talamonti Adelino e Talamonti Camillo insignite del titolo di Giusti tra le nazioni e alla famiglia Piersimoni che hanno rischiato la vita per salvarne altre e riflettere sul fatto che anche in condizioni di estrema difficoltà, l’essere umano può far ricorso alle sue qualità più alte, come la solidarietà e su quanto sia importante recuperare la memoria storica non solo per ricordare le tragedie del secolo scorso,ma anche  per trovare in esse i segni di speranza e di umanità e imparare che si può costruire un futuro migliore, basato sui valori della pace, della libertà, della solidarietà e sulla valorizzazione delle diversità degli esseri umani.
Queste le testimonianze che abbiamo reperito, vogliate scusarci per eventuali dimenticanze o imprecisioni a cui siamo pronti a rimediare se ci pervenissero ulteriori informazioni.
 
GABRIELE del Consiglio Comunale Ragazzi
La famiglia ebraica Ventura, di origine turca, viveva a Milano dove aveva un’attività commerciale, durante la guerra giunse in Offida e dopo poco tempo il padre Beniamino venne internato nel campo di prigionia di Servigliano. La moglie Sara ed i figli Marco ed Ester abitavano nella zona dei Cappuccini, probabilmente al piano di sotto dell’edificio dove oggi c’è l’attività dei barbieri Luca e Toni. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, Beniamino riuscì a fuggire dal campo di Servigliano e raggiunse la famiglia in Offida, vivendo da fuggiasco e da ricercato.
Prima di iniziare la lettura delle testimonianze vi illustriamo l’albero genealogico delle famiglie menzionate, per rendere più chiari i rapporti di parentela che intercorrono tra le persone di cui si parlerà.
 
 
DANIELE classe 5^A  Testimonianza della signora Anna, moglie di Fides Talamonti con cui abbiamo avuto un incontro a scuola
Marco Ventura , il figlio di Beniamino, frequentava la casa di Adelino Talamonti, la moglie, Giuseppina, lo invitava a mangiare con i suoi figli, diceva”Dove mangiano in 6 c’è anche posto per 7”A casa dei Talamonti il cibo non mancava, perché Adelino faceva il mugnaio.In tempo di guerra il pane era razionato e la farina data veniva controllata, le razioni erano spesso insufficienti, soprattutto per i ragazzi in crescita, il mugnaio riusciva, nonostante i controlli, a trovare il modo per mettere da parte la farina per la pasta e il pane per la famiglia ebrea, rischiando la propria vita, se fosse stato scoperto. Le macine allora erano di pietra, la farina finiva in un grande cassone di legno, il farinatore, il mugnaio, prima del controllo, non lo puliva bene, perciò rimaneva sempre un po’ di farina attaccata, finito il controllo Adelino, spolverava con una scopetta il farinatore e riusciva a rimediare un sacchetto per Marco, che poi passava dalla moglie del mugnaio, detta Peppina, che aggiungeva delle uova o altro cibo come ad esempio carne di maiale, perché allora i maiali erano allevati dalle famiglie, la famiglia ebrea la mangiava nonostante la religione lo vietasse, perché quando c’è la fame non si guarda tanto per il sottile.
 
GIUSEPPE classe 5^A
Il mulino di Adelino Talamonti era situato dove oggi c’è la casa di Liliana Talamonti, la moglie di Franco, uno dei figli di Adelino, per non farsi scoprire Marco passava dietro al mulino e camminando per campi raggiungeva la casa dove abitava con la mamma e la sorella Ester. Marco frequentava l’officina dei Cappuccini, dei signori Rossi Italo e Mascitti Marco; essa si trovava dove oggi c’è l’abitazione del maestro Damiani Giannino, e aveva imparato un po’ il mestiere di meccanico. Marco strinse amicizia con tanti ragazzi coetanei di Offida, con cui spesso giocava a calcio nel campetto sotto il convento dei frati. Anche la sorella Ester legò con diverse coetanee tra cui Emma Talamonti, figlia di Camillo, il custode del cimitero.
 
LORENZO classe 5^A Testimonianza di Vincenza Ciabattoni,parente di Liliana Almonti, moglie di Franco Talamonti
La mia bisnonna materna, Vincenza Ciabattoni, da ragazza, all’età di 15 anni circa, frequentava il Bergalucci, l’istituto delle suore, per imparare a ricamare a mano, un servizio che era a pagamento, insieme alla sua carissima amica Emma Talamonti che divenne poi suor Fernanda. Emma andava a prendere Ester, la bambina ebrea, che abitava a borgo Cappuccini e la portava con sé al Bergalucci, dove le suore, le ragazze e la mia bisnonna si prendevano cura di lei, la accudivano, le davano da mangiare e ci giocavano.
 
EDOARDO del Consiglio Comunale Ragazzi  Testimonianza di Ugo Talamonti, figlio di Adelino e della signora Ciancia Giuseppina
Presso il Bergalucci, c’era la scuola elementare gestita dalle suore, per nascondere la sua origine Ester risultava iscritta e frequentava regolarmente, anche se non conosceva bene l’italiano, le suore fingevano di non saperlo.
La signora Giuseppina Ciancia, moglie di Di Ruscio Antonio, che abitava vicino alla famiglia Ventura e frequentava Ester ci ha raccontato che questa si ammalò all’intestino e doveva essere curata, ma in tempo di guerra trovare le medicine non era semplice, allora la mamma di Anna de”lu ciaff”, la aiutò a guarire dandole un’alimentazione adeguata; infatti la famiglia Ventura aveva grandi difficoltà economiche, tanto che la signora Sara utilizzava anche le bucce dei piselli, cuocendole nel latte.
 
CLAUDIA classe 5^A
Testimonianza della signora Sandra Talamonti, figlia di Nando Talamonti e nipote di Camillo Talamonti e zia del padre di Angelica Camilli
Testimonianza di mio padre, Giannino Damiani, nipote di Santina Damiani, moglie di Camillo Talamonti
Testimonianza della signora Maria Pellei, moglie di Pietro Talamonti, figlio di Camillo Talamonti e zia del padre di Viola Pellei
 
ANGELICA classe 5^A
La zia di mio padre mi ha raccontato la storia di suo nonno che ha salvato un ebreo di nome Ventura. In Offida, tra gli sfollati, giunse una famiglia di origine ebraica, il padre si chiamava Beniamino Ventura. che venne poi preso e internato al campo di prigionia di Servigliano, la moglie e i figli, Marco ed Ester si trovavano rifugiati in Offida, aiutati dalle famiglie Talamonti. Beniamino riuscì a fuggire e raggiunse la famiglia in Offida vivendo da ricercato;bisognava trovargli un rifugio. Al cimitero, vicino alla chiesa c’era l’abitazione del custode, Camillo Talamonti. La sorella di Marco, Ester, che frequentava la scuola al Bergalucci, era diventata amica di Emma, la figlia di Camillo, poi diventata Suor Fernanda. Emma convinse il padre a nascondere l’Ebreo in una tomba del cimitero.
 
VIOLA classe 5^A
Un giorno del mese di maggio un amico di Camillo andò a trovarlo a casa sua e portò delle fave fresche, erano tutti seduti a tavola a consumare la merenda, quando furono avvisati che stavano arrivando i Tedeschi, Beniamino scappò, gli altri tolsero tutto dal tavolo, ma dimenticarono i bicchieri, i Tedeschi chiesero come mai ci fossero tre bicchieri se le persone presenti erano due, prontamente Emma affermò che il bicchiere era suo, ma i fascisti non le crederono e il maresciallo le disse che da grande avrebbe potuto fare l’attrice. I fascisti chiamarono Camillo in caserma per interrogarlo, per fortuna Camillo conosceva bene ed era amico della segretaria del fascio che si chiamava Maria, a cui Camillo curava la tomba della madre. Maria testimoniò a favore di Camillo,dicendo che era una bravissima persona e dietro la sua insistenza il custode del cimitero venne rilasciato; dopo pochi giorni ci fu la ritirata dei Tedeschi e tutto finì bene.
 
CLAUDIA classe 5^A Testimonianza di Ugo Talamonti, figlio di Adelino Talamonti, che avrebbe tanto voluto essere qui con noi, ma non ha potuto per precedenti impegni
La famiglia Ventura è rimasta ad Offida fino al 1948, poi è tornata in Israele;dopo circa 20 anni, nel 1968, Marco aveva bisogno di contattare la Piaggio per avere dei pezzi di ricambio per la sua officina, quando telefonò ad Offida non credevano fosse lui, in quanto non avendo più avuto alcuna notizia, credevano fosse morto. Fides, il fratello di Ugo, per accertarsi che fosse proprio lui gli chiese”Quando andavo a giocare le partite di pallone con la squadra, tu cosa facevi? “Io portavo le valigie con le magliette dei giocatori” rispose prontamente Marco e così Fides fu sicuro che si trattava proprio di lui. Infatti Marco non poteva permettersi di pagare il biglietto d’ingresso al campo sportivo e quindi lo facevano entrare con la squadra.
 
LEANDRO del Consiglio Comunale Ragazzi
Ugo ricorda un altro Ebreo salvato dalla sua famiglia, Borghi Arturo, che faceva il ragioniere nel mulino di suo padre, per non farsi scoprire gli consigliarono di fingersi muto e recitava così bene la sua parte che fu chiamato lu mut d vllì, vllì era il soprannome della famiglia di Adelino; spesso questo ragazzo andava a messa con loro, il parroco sapeva che era Ebreo, ma per non dare nell’occhio fingeva di dargli la particola, cioè l’ostia della comunione. Finita la guerra, l’Ebreo si è trasferito a Firenze, da dove ha inviato delle cartoline per ringraziare il padre di Ugo Talamonti.
 
CHIARA classe 5^A Testimonianza della signora Piersimoni Lucia
La signora Lucia Piersimoni della famiglia Piersimoni detta Miò nonostante fosse ancora piccola, aveva circa 9 anni, ricorda che Beniamino Ventura frequentava la sua casa, situata vicino al cimitero e che in caso di bisogno veniva nascosto anche sotto i covoni di paglia nel loro terreno. A confermare questa notizia è anche la testimonianza della signora Maria Pellei, la quale è stata la prima a segnalarci l’esistenza di un’altra famiglia, i Piersimoni appunto, che ha contribuito a proteggere Beniamino.
Adesso invitiamo sul palco e diamo la parola alla signora Anna Corradini, moglie di Fides Talamonti, figlio di Adelino Talamonti e a Ugo Talamonti, ………
 
INTERVENTO DI ANNA CORRADINI
Inizio ringraziando tutti gli insegnanti della scuola elementare e media, in particolare Maria Rita Cameli che invitandomi nella sua classe mi ha fornito l’opportunità di partecipare a questa bella esperienza.
Ringrazio poi il Sindaco e tutte le autorità per aver organizzato in così breve tempo questa manifestazione in cui si è parlato e si parla di storia, di cultura e di solidarietà offidana.
Nei ringraziamenti, non voglio dimenticare tutti quei ragazzi che in classe mi hanno “sopportato” per alcune ore con molto rispetto e serietà. Hanno ascoltato con interesse, hanno preso appunti, hanno chiesto chiarimenti ed hanno guardato con ammirazione il diploma e la medaglia cercando di comprendere la scrittura e il significato dei simboli.
Dopo aver ascoltato le loro relazioni e le loro riflessioni, non mi resta che congratularmi con tutti gli alunni e con i loro insegnanti per l’ottimo risultato ottenuto
Quando l’insegnante Maria Rita, mi chiese se potevo dare testimonianza risposi che non ero in grado di farlo, perché in quel periodo non abitavo in Offida. Conoscevo soltanto alcuni episodi appresi direttamente da Marco quando, dopo la guerra, è stato nostro ospite. Mio marito, Fides, sempre molto riservato, non amava parlare di quel periodo storico, troppo triste per lui che aveva conosciuto a Milano (studiava in collegio) la fame (pane razionato), le paure dei bombardamenti e il freddo.
Solo da altri ho appreso la grande generosità di Adelino che non ha aiutato solo gli ebrei ma anche le numerose famiglie provenienti da San Benedetto del Tronto per sfuggire ai bombardamenti. Chi bussava al suo mulino, specialmente se aveva bambini piccoli da sfamare, riceveva sempre un po’ di farina trafugata, nonostante i continui e improvvisi controlli.
Tuttavia ho fatto presente all’insegnante che non avevo difficoltà a mostrare agli alunni il diploma, la medaglia, la foto e la lettera commovente che aveva scritto Benny (figlio di Marco) per annunciarci la morte del padre.
Ho deciso di accettare l’invito, perché ho percepito immediatamente che mi veniva offerta, con la shoah, l’opportunità di trattare obiettivi ben precisi che purtroppo stanno scomparendo: amicizia sincera e disinteressata, tolleranza, comprensione per i diversi, rispetto per le idee altrui anche se sono diverse dalle nostre e la consapevolezza di rischiare la propria vita per salvare gli amici in pericolo.
Appena entrata in classe, sono stata però sopraffatta da molte emozioni: la testimonianza per la shoah al posto di mio marito defunto, l’aula, sì proprio la stessa aula dove, dopo il trasferimento, ho iniziato la mia carriera scolastica offidana: anno scolastico 1961-1962 con la 3^ A avviamento professionale maschile ed inoltre, la presenza di alunni della terza generazione. Comunque, nonostante l’imbarazzo, sono riuscita ad andare avanti.
Ho sempre considerato il valore dell’amicizia un sentimento alto, degno degli uomini liberi, specialmente quando si verifica fra due persone come Fides e Marco diversi per razza, usi, costumi e soprattutto per religione. Ho raccontato ai ragazzi che tutti e due erano uomini molto pii: credevano nell’amore di Dio e nella famiglia.                     
Marco veniva in Chiesa con noi, non si faceva il segno della Croce, ma rimaneva rispettosamente in silenzio e quando una volta uscendo dalla Chiesa incontrammo Emma, diventata nel frattempo Suor Fernanda, l’abbracciò e baciò con un tale trasporto che suscitò la meraviglia delle persone presenti. L’incontro fortuito fu anche immortalato scattando foto che ho visto tra i ricordi raccolti dai ragazzi. Marco sapeva bene che per noi Cattolici il Natale rappresenta la festa più bella dell’anno, ebbene essendo una persona sensibile e delicata, immancabilmente pochi giorni prima di Natale ci arrivavano i suoi auguri spesso uniti a piccoli doni, per noi molto preziosi, con i simboli della Cristianità. Io e mio marito ci chiedevamo “dove li avrà trovati?” Sicuramente sarà andato a Gerusalemme dove abbiamo visto vicino alle Chiese Cattoliche molti negozietti specializzati in articoli religiosi proprio come a Loreto. Ad Holon dove abitava lui, non c’erano proprio.
Terminata la guerra la famiglia Ventura emigrò in Israele. Per un lungo tempo non abbiamo saputo più nulla, poi verso la fine degli anni sessanta Marco ritornò in Italia per motivi di lavoro e fece in modo di fare un salto nella sua “amata” e mai dimenticata Offida dove aveva trascorso la sua fanciullezza.
Gli incontri con la famiglia di Talamonti Adelino (ormai molto anziano) furono commoventi. All’arrivo dei fratelli di Fides, Ugo e Franco, dopo i saluti convenevoli, furono ricordati i molti episodi della loro giovinezza. Marco ci chiese il favore di metterlo in contatto con i figli di Talamonti Camillo. In quel momento però in Offida c’era rimasto solo Nando che appena informato venne immediatamente a salutarci. Il figlio Pietro, anche lui, grande amico, era purtroppo deceduto qualche anno prima.
Marco fu nostro ospite solo per un paio di giorni durante i quali Fides riuscì a rintracciare altri due amici Mascitti Carlo e Rossi Italo trasferitesi, durante la grande emigrazione degli anni 60, il primo a Castel di Lama e il secondo in Romagna.
Dopo questa brevissima visita iniziò una fitta corrispondenza. Marco amava scrivere. Solo con un amico fidato si può condividere gioie, situazione di tristezza e sofferenza, certi di essere compresi. Le sue lettere, sempre commoventi, terminavano tutte con la stessa frase “Dio dona pace e salute agli amici italiani” Shalom, Shalom, Shalom. Nelle lettere raccontava le numerose difficoltà che aveva dovuto affrontare quando tutta la famiglia Ventura si trasferì in Israele. Lo stato israeliano aiuta tutti i profughi assegnando loro un sussidio sufficiente per vivere, una casa piccola ma dignitosa. In cambio però i profughi debbono darsi da fare per inventarsi un lavoro che li renda autonomi ed inoltre sono obbligati ad andare a scuola per studiare l’inglese e l’ebraico (scritto e orale). Ci confessò che con l’inglese non ci furono problemi, ma con la scrittura e la lingua ebraica le difficoltà furono enormi specialmente per i suoi vecchi genitori. Fortunatamente, frequentando l’officina a fianco della Chiesa dei Cappuccini, aveva appreso, da Carlo e da Italo, nozioni di meccanica che aveva messo a frutto in Israele. Con il lavoro arrivò il benessere, il matrimonio, i figli e la possibilità di inviare al suo amico Fides i prodotti che via via venivano coltivati nei Kibbuz. Con orgoglio ci descriveva questa terra arida, strappata al deserto e resa fertile con irrigazioni speciali e pioggia creata artificialmente. Gli innesti e le sperimentazioni hanno creato frutti esotici. Non essendoci ancora la globalizzazione, questa frutta sconosciuta rappresentava per noi una sorprendente primizia.Inaspettatamente negli anni 70 arrivò la guerra del Kippur. Marco, nonostante l’età avanzata, dovette lasciare tutto il benessere conquistato faticosamente e partire immediatamente per il fronte. Un uomo di pace come lui, si trovò invischiato in una guerra che per fortuna durò pochi giorni, sufficienti però a farlo ammalare seriamente. Fides, preoccupato per la sua salute, lo invitò insieme alla moglie, a trascorrere la convalescenza da noi in Offida. Riuscì ad ottenere il permesso dal governo israeliano e ritornò in Italia con la moglie. Seduto nel nostro terrazzo dal quale si gode un magnifico panorama, ammirava in silenzio il paese, le verdi colline degradanti verso il mare, la catena montuosa con il Gran Sasso e la Maiella e il mare azzurro, ma il suo sguardo era spesso rivolto verso la casa dove aveva abitato. Guardando ammirato esclamava: “Sono Ebreo, ma il mio cuore è offidano. Nelle mie vene scorre sangue offidano”. In quei momenti di tranquillità e serenità riaffioravano i ricordi. Mi disse che seguiva sempre Fides come un’ombra dovunque andasse. Lo ammirava perché durante le partite di calcio si comportava correttamente e nelle liti frequenti fra i giocatori cercava sempre di mediare. Iniziò pertanto a frequentare la casa dell’amico e un giorno la madre di Fides, Giuseppina chiamata da tutti Peppina, che forse aveva intuito la situazione della famiglia di Marco, lo invitò a pranzo. Marco mi confidò che non avrebbe mai dimenticato le sue parole: “Dove c’è da mangiare per 6 figli c’è posto anche per un altro”. Mi raccontò anche l’episodio della farina trafugata. Sembra che Adelino, dopo il controllo, spolverasse accuratamente il “farinatore” (cassone dove veniva raccolta la farina durante la macinazione). Riempiva il sacchetto di tela bianca e poi mandava Marco dalla moglie Peppina per infilarci dentro le uova. Lo faceva uscire da una porticina posta sul retro del mulino, nessuno doveva vedere e sapere e poi attraversando gli orti, Marco raggiungeva la sua casa.
Ci aveva avvertito anche di aver inoltrato alle autorità competenti tutte le pratiche necessarie per fare ottenere alle due famiglie Talamonti il diploma d’onore e l’albero nel Giardino dei Giusti delle Nazioni, però non sapeva quando ciò sarebbe avvenuto.
Accettò anche di venire in montagna (valli alpine) con l’organizzazione di Don Luciano. Credo che per lui e la moglie siano stati giorni sereni e felici. In quel periodo intrecciò nuove amicizie con altri partecipanti. Anche loro cominciarono, per il Natale, a ricevere auguri di buone feste.
Poi a causa dell’età, dei problemi famigliari e di salute non è più ritornato in Offida, ma ha continuato a scrivere e a telefonare fino alla morte avvenuta nel 2004. La sua morte ci è stata comunicata da suo figlio Benny con una lettera commovente che ho conservato e che ho letto in classe ai ragazzi.
Anche il figlio Benny, sentendo sempre il padre parlare di Offida, è venuto in Italia per una breve visita. Ancora una volta, Fides ha accompagnato il ragazzo al Campo Santo per vedere il luogo dove suo nonno era stato nascosto durante la ritirata dei tedeschi. Solo con la morte è terminata questa bella amicizia tra Fides e Marco.
E’ proprio vero: “Chi trova un amico, trova un tesoro!”
 
INTERVENTO DI UGO TALAMONTI
 
GAIA del Consiglio Comunale Ragazzi
“Io combatto la tua idea, che è diversa dalla mia,ma sono pronto a battermi fino al prezzo della mia vita perché tu la tua idea possa esprimerla liberamente”.Voltaire
La storia che abbiamo raccontato è molto commovente e significativa perché ci insegna che l’amicizia può vincere la paura e può esistere anche se si hanno culture e religioni differenti o se si è lontani. Queste persone ci hanno lasciato un esempio di solidarietà e di rispetto reciproco.
Quando l’amicizia è vera, si è disposti anche a correre dei rischi pur di salvare l’amico, l’amicizia è una cosa preziosa e rara, non sempre facile da trovare.
 
Invitiamo sul palco   gli altri familiari delle due famiglie Talamonti :Liliana Almonti, moglie di Franco Talamonti, figlio di Adelino, i nipoti di Adelino presenti;la signora Maria Pellei, moglie di Pietro, figlio di Camillo e i nipoti Ugo, Stefano, Sandra, Camillo, per mostrare il diploma d’onore e la medaglia.
 
BIANCA del Consiglio Comunale Ragazzi
Vi descrivo la medaglia: su una facciata vediamo il museo per la memoria della Shoah dove sono raccolti tutti i documenti relativi ai deportati nei campi di concentramento e sotto si vede l’albero piantato nel Giardino dei Giusti con la scritta in francese”Chi salva una vita, salva il mondo intero”, in quanto salvando quella vita, si permette alle generazioni successive di avere un futuro. La medaglia è intitolata alle persone che con il loro gesto di coraggio e umanità hanno salvato la famiglia ebrea. Sull’altra facciata è rappresentato il mondo imbrigliato in una rete, sopra ci sono delle mani che sciolgono la rete, liberando il mondo dall’intolleranza e dalla discriminazione.
Il diploma d’onore riporta il nome delle persone a cui è stato dedicato e una scritta in francese e in ebraico.
 
REBEKA del Consiglio Comunale Ragazzi
Vi leggerò il testo del diploma d’onore, che abbiamo tradotto dal francese con l’insegnante Tanzi Elda:
“il presente diploma attesta che nella seduta del 19 Novembre 1979 la Commissione per le onoranze ai Giusti delle Nazioni, fondata dall’Istituto Commemorativo dei Martiri e degli Eroi Yad Vashem, secondo le testimonianze da essa raccolte, ha reso omaggio a coloro che, a rischio della loro vita, hanno salvato degli Ebrei perseguitati nel periodo dell’Olocausto in Europa, ha conferito loro la Medaglia dei Giusti tra le Nazioni e li ha autorizzati a piantare un albero a nome loro nel Viale dei Giusti sul Monte del Ricordo a Gerusalemme”.
Redatto a Gerusalemme il 2 Maggio 1980
 
MARIA VITTORIA del Consiglio Comunale Ragazzi
Adesso invitiamo sul palco le autorità e un familiare della famiglia Piersimoni per la consegna da parte dell’amministrazione comunale dell’attestato e delle medaglie.
 
Discorso delle autorità
 
MERCOLINI MARTINA SINDACO DEL CCR
Noi ragazzi abbiamo proposto all’amministrazione, che si è dimostrata disponibile, di dedicare ai Giusti di Offida l’ex giardino della rimembranza, adiacente alla chiesa di Santa Maria della Rocca, Qui vorremmo piantumare un albero per i giusti della nostra cittadina, in modo che restino nella memoria di tutti gli Offidani ma anche dei numerosi turisti che ogni anno visitano la nostra bellissima chiesa.
 
ANNA classe 5^A
Vogliamo ringraziare le famiglie Talamonti e Piersimoni e le altre persone che ci hanno gentilmente dato le loro testimonianze, grazie alla loro disponibilità abbiamo potuto raccogliere tante informazioni e organizzare questa manifestazione, siamo pronti ad ampliare la documentazione in nostro possesso, se altre persone avessero altre testimonianze da fornire sono pregate di contattare i nostri insegnanti.
Ringraziamo tutti quelli che hanno collaborato con noi, l’amministrazione comunale, il tecnico Mauro Filippoli e il collaboratore Giuseppe Benfaremo, il presidente di Energie, Roberto Senesi, il presidente della Pro Loco Tonino Pierantozzi, il fotografo Giuseppe Laudadio, Franco Calvaresi, le autorità intervenute e il pubblico presente.
Augurandoci che le esperienze raccontate possano diventare patrimonio di tutta la cittadinanza e motivo d’orgoglio per il nostro paese, vi diamo appuntamento per la prossima manifestazione, in data da definire, per l’inaugurazione del Giardino dei Giusti di Offida.

 

  GIARDINO DEI GIUSTI